Le tre corone: Dante, Petrarca, e…
Dante, Petrarca e Boccaccio
Tante volte si ascolta o si legge l’espressione “le tre corone” per definire Dante, Petrarca e Boccaccio. Questa definizione gli è attribuita perché sono considerati i tre più importanti autori della prima fase della lingua italiana, e in certo modo i padri della stessa lingua. Ma come è nata questa definizione e cosa significa?
L’Antichità. Ai tempi dell’impero romano l'incoronazione poetica era una cerimonia in cui si consegnava a un poeta consacratosi per la sua opera una corona d’alloro, detta laurea, che simboleggiava il suo riconoscimento come artista nel presente e nel futuro, venendo definito come “poeta laureato”. Questa usanza veramente era già perduta in Medioevo, ma gli intellettuali umanisti vollero recuperarla.
Il Medioevo. Il primo poeta medievale laureato con la corona fu Albertino Mussato, a Padova, nel 1315, come storiografo e drammaturgo. Petrarca fu laureato a Roma, nel Campidoglio, nel 1341, essendo l’unica delle “tre corone” effettivamente laureata in una cerimonia.
Dante sognava con l’incoronazione poetica, e la sua cerimonia era stata proposta dal professore bolognese Giovanni del Virgilio nel 1320, ma la morte di Dante nell’anno successivo mise fine al progetto. Nemmeno Boccaccio fu laureato con una corona. ne” però riguarda alla consacrazione dai posteri, cioè i poeti e cantanti che trasmisero le loro poesie, anche oralmente, e consacrarono le loro opere alla posterità: un’incoronazione “a furor di popolo”, potremmo dire.
La Divina Commedia di Dante, il Canzoniere di Petrarca, e il Decameron di Boccaccio, sono la base di quello che sarà la lingua italiana (non per meno 90% delle parole frequentemente usate nell’italiano d’oggi sono presenti nella Divina Commedia di Dante).
La diffusione delle opere di questi poeti in tutta Italia favorì l’affermazione del modello di lingua fiorentino, perciò Firenze, all’epoca la città più ricca d’Italia e centro principale del Rinascimento li celebrava come miti, simbolo di grandezza e cultura. I loro ritratti furono dipinti da Andrea del Castagno, nella Galleria degli Uffizi, nel 1450. E Lorenzo de Medici, governante della città, mecenate e poeta in tempo libero, fa un lungo elogio ai tre grandi poeti nel “Commento dei miei sonetti”, scritti verso il 1481-1484. Anzi, il padre di Lorenzo, Piero de Medici, aveva promosso nel 1441 una gara poetica chiamata “Certame Coronario”, che però non ebbe vincitori e quindi le corone non furono assegnate a nessuno.
Dante, Petrarca e Boccaccio. L’espressione “tre corone”, riferendosi ai tre grandi poeti si trova per la prima volta nel Paradiso degli Alberti, scritto da Giovanni Gherardi nel 1425. Tuttavia i modelli da imitare erano ancora discussi all’epoca. Dante e Petrarca erano visti più come rivali che come compagni di lettere, (Petrarca in vita affermò di non aver mai letto la Commedia ma probabilmente ne aveva un esemplare nascosto). E Boccaccio invece era una lettura controversa a causa dei contenuti polemici e “osceni” del Decameron. La sua affermazione avvenne con Bembo, che nelle sue Prose della Volgar Lingua, del 1525, lo elesse come modello di prosa, alla pari con Petrarca come modello di lirica, mentre Dante scandalosamente veniva ignorato a causa, tra l’altro, della rivalità fra danteschi e petrarchisti.
Dante, Petrarca e Cino? Prima di Bembo, che stabilì il modello linguistico da seguire nei secoli successivi, il posto di terza corona era ancora in aperto, con soluzioni abbastanza diverse. Cino da Pistoia, amico di Dante e poeta consacrato al suo tempo, compare, insieme all’Alighieri e al Petrarca nel ciclo di affreschi al Convento di San Domenico a Pistoia, dipinto da Giovanni di Bartolomeo Cristiani tra il 1374 e il 1398.
Cino da Pistoia tra Petrarca (sin.) e Dante (des.)
La proposta oggi farà forse ridere, ma Cino era un poeta di grande successo, ed era forte della menzione fatta da Dante nel De Vulgari Eloquentia come il massimo esempio di poesia d’amore, alla pari dello stesso Dante (che invece si vedeva come modello di poesia morale).
Dante, Petrarca e Giotto?? Una versione “multimediale” delle tre corone, assai moderna per i suoi tempi, è trovabile nella Chiesa di San Francesco, a Montefalco, in un ciclo di affreschi dipinti da Benozzo Gozzoli, tra il 1450 e il 1452. Le immagini ritrattano i grandi modelli francescani, e vengono definiti “i Santi” (da capire come disse Philippe Daverio “i miti”), cioè i grandi riferimenti della morale e della cultura francescana. Mentre Petrarca è indicato come modello di poesia, Dante è indicato come modello di teologia (tanto la Commedia è un’opera di tema filosofico e religioso), mentre Giotto è un modello della pittura.
Dalla sinistra: Dante, Petrarca e Giotto
Pure Giotto da Bondone, come Cino, era un contemporaneo di Dante, che lo elogia nella Commedia. Il poeta e il pittore erano amici, e si crede che Dante visitò Giotto a Padova mentre quest’ultimo affrescava la Cappella degli Scrovegni. Se Dante avrà influenzato l’iconografia di Giotto, o se Giotto invece avrà influenzato i versi di Dante per descrivere il Paradiso, forse mai si saprà. Magari si saranno influenzati a vicenda.
Leopoldo Toniolo, Dante visita Giotto nella Cappella degli Scrovegni, 1865 circa, olio su tela
Altre tre corone. Alle “tre corone fiorentine”, alcuni propongono anche un successivo trio di poeti consacrati: le “tre corone estensi”, attive presso la corte della famiglia Este, a Ferrara: Matteo Maria Boiardo (autore dell’Orlando Innamorato), Ludovico Ariosto (autore dell’Orlando Furioso, che fu assistito da Bembo nella revisione del suo testo), e Torquato Tasso (autore della Gerusalemme Liberata).
Dalla sinistra: Boiardo, Ariosto e Tasso
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